Lunghezza percorso: 4,4 Km
DAL NOSTRO INVIATO GIANLUCA CESCA LA CRONACA DI QUESTA CLASSICA!
Quale il miglior inizio a un commento a questa “Camminata”?
Quale il migliore inizio che non disdegni le esposizioni fatte dal presidente
(autoincoronatosi) della SanBrocchese delle altre competizioni?
Quale?
Sono
giorni che cerco un aggettivo o un verbo brillanti che possano definire la Doccio-Fej , ma mi sono
venute nella mente solo delle banalissime “Classica”, “Ripida”, “Festosa”e
“Accaldata”…
Ebbene sì, la “Doccio-Fej” è una gara che racchiude tutti questi
ultimi aggettivi (e se vogliamo) anche alcuni altri.
Classica perché è da
parecchi anni che si svolge.
Ripida perché anche al più grande dei podisti i
primi 2 tornanti della strada che porta al traguardo fanno tremare le
ginocchia.
Festosa perché l’organizzazione e il clima paesano della cornice
festaiola nella quale è inserita la gara, rendono allegra la giornata stessa.
Accaldata perché si svolge la domenica statisticamente più calda di tutto
l’anno in Valsesia.
Quest’anno poi, l'anticiclone di nome Caronte ci ha dato
anche un bell’aiuto nel fare salire oltre media la temperatura esterna
percepita.
Veniamo alla gara.
Squadrone della G.S.A. Valsesia schierato con quasi tutti
gli elementi migliori, capitanati da un inossidabile Carluccio Chiara
attorniato da nuove e già note leve del podismo Valsesiano di ottimo livello.
La squadra attendeva la partenza all’ombra di una casa, come i felini nascosti
tra i cespugli nella savana attendono le prede.
Ore 9:00 circa partenza.
Giro turistico di lancio nella
frazione Doccio la quale, anche dopo anni di piani regolatori devastanti, è stata
abbastanza tutelata sul punto di vista dell’urbanizzazione nel suo territorio
abitativo centrale (non altrettanto posso dire della parte oltre la sponda
destra – ma queste sono divagazioni extrapodistiche diversamente interessanti-).
I più bravi nel primo kilometro abbondante di piano, hanno accelerato più che
potevano per arrivare sotto la salita con qualche metro di vantaggio
sull’avversario, altri si sono trattenuti per dare il meglio nella salita.
Personalmente negli anni trascorsi ho provato le due tecniche con risultati
completamenti identici: fallimento semitotale!
Però, dal basso della mia
esperienza, posso suggerire che la prima scelta (partenza veloce) è quella
adottata dai migliori.
Come detto dopo le tour du Docciò (per dirla alla
Loropiana), iniziano i 2,8 kilometri di salita con i 5 o 6 tornanti che
conducono al traguardo.
Il primo tratto è un assaggio già di quelli che fa ben capire di che pendenza è la salita
ed il primo tornante ne fa assaporare fino in fondo il gusto.
Segue un lungo
tratto di salita accettabile a tratti abbastanza pianeggianti fino all’ultima
casa alta di Doccio: da lì in poi, miei cari podisti per caso (o non), la strada
si erge.
Ma si erge come quasi un muro fino al tornante più duro (che ho soprannominato
il tornante della termiculite – per spiegazioni contattare il presidente della
Sanbrocchese), che nemmeno il Chiappucci dei tempi migliori affronterebbe
seduto!
Un lungo tratto di salita curvosa porta al tornante successivo quello
del ristoro e in questo punto siamo circa a metà dell’opera.
La salita ora è
meno insidiosa ma, c’è un altro fattore che entra in gioco ora: il caldo!
Infatti,
da questo punto, l’ombreggiatura degli alberi del primo tratto di strada
abbandona i corridori e i camminatori e lascia spazio al bel sole caldo di
luglio che ci asciuga la bocca e ci fa aumentare di 5 o 10 battiti al minuto la
soglia cardiaca.
I più bravi in questo tratto accelerano, chi ha dato troppo in
precedenza cammina, chi continua allo stesso passo pensando “chi me l’ha fatto
fare a essere qui in quel momento, con tutte le altre cose che si potevano fare
alle 9:15 circa di una domenica mattina di fine luglio (compreso l’ascolto dei
dischi più belli di Gepy&Gepy)".
Ma la strada è ancora lunga (e pensare ad
alcune stupidate aiuta).
Ancora un tornantone e una lunga curva (sempre in
salita ma poco più leggera) che porta all’ultima curva a sinistra.
Siamo al Fej
e le prime case lo dimostrano.
Poche centinaia di metri e siamo arrivati.
Le
case aumentano e la pendenza diminuisce tanto che le gambe sembrano essere più corte
(o più lunghe, quella sensazione di post trauma da salita tanto per capirci).
Ultimo strappo in falsopiano ed ecco il banchetto dell’arrivo che aspetta i
corridori.
Ci siamo! Fermiamo il cronometro! Guardiamo il tempo! Prendiamo
Fiato! Prendiamo il Gadget! Assumiamo liquidi e commentiamo la gara con chi ci
ha preceduto ed è lì che capiamo di che pasta siamo fatti, se di Semolino o di Manitoba!
Termina così la bella gara di Doccio, con la discesa a
salutare i podisti e non (improvvisati o no per l’occasione) ancora alle prese
con la salita.
A seguire ricchi premi ai vincitori e altri premi abbondanti
a sorteggio ai partecipanti.
Complimenti a tutti organizzatori, camminatori e
podisti.
Per quanto mi riguarda, dopo 3 anni abbondanti d’inattività
semipassiva, la mia gara è stata come quelle passate ed è paragonabile
all’attuale ritorno alla canzone di Alan Sorrenti: un piacevole insuccesso.Gianluca Cesca
P.S.
Per la cronaca i felini nascosti nella savana sono stati sbranati dal Gattone Claudio Guglielmetti, praticamente imbattibile quando le temperature superano i 30 gradi, podista che potrebbe benissimo gareggiare con successo anche in un altoforno, sulle ondulazioni del diagramma ferro-carbonio.