Fino
a un paio d’anni fa il solo pensare di mettermi a correre mi provocava un senso
di repulsione, e vedere gente che lo faceva quasi mi irritava.
Non
capivo perché questi cosiddetti runners, con sole, vento, pioggia e neve,
invece di mettere le gambe sotto al tavolo e poi spalmarsi sul divano per la
pennichella, dovessero fare tutta questa fatica: ma chi glielo fa fare,
pensavo.
Beh,
si, un pò invidiavo il loro fisico asciutto, mentre il mio assumeva sempre più
una forma a metà strada tra una pera cotta e un budino alla vaniglia.
Ma in fondo avevo un sovrappeso moderato, una quindicina di Kg: un paio di jeans elasticizzati in vita e una camicia bella ampia taglia XXL mi venivano sempre in aiuto.
Ma in fondo avevo un sovrappeso moderato, una quindicina di Kg: un paio di jeans elasticizzati in vita e una camicia bella ampia taglia XXL mi venivano sempre in aiuto.
E
poi mi consolavo guardando a chi aveva più pancia di me.
Non
che fossi poi un gran mangiatore, ma, vuoi l’età, vuoi il lavoro sedentario, la
forma fisica diventava sempre più scadente.
E
dire che in gioventù di sport ne avevo fatto, campi di calcio ne ho frequentati
parecchi, anche se solo a livello amatoriale.
Mi
piaceva molto anche uscire con la bici da corsa, amavo fare le salite.
Poi
il matrimonio, i figli, il lavoro, mi hanno – giustamente - preso il tempo e con quello anche la voglia.
Così,
per circa 15 anni, di attività fisica non ne ho più fatta, a parte qualche
partitina a calcetto con i bimbi, sporadici giretti in bici, passeggiate con
cono gelato al seguito e qualche partita a ping-pong (l’ho anche costruito un tavolo da ping-pong).
Da
adolescente - era la fine degli anni 70, primi anni 80 - ebbi la fortuna di
partecipare alle prime camminate della Gamba d’Oro qui a Grignasco.
Mi
ricordo di partenze sparatissime e poi non ce la facevo più, la dovevo
camminare tutta.
Mi
piacevano le corse, ma non mi preparavo per niente e rimanevo sempre con
l’amaro in bocca perché non riuscivo a finirle bene.
Negli
ultimi anni facevo poi un sogno ricorrente: sognavo di allenarmi, con gusto, ma
alla fine rinunciavo sempre a partecipare alle corse perché non mi sentivo
pronto.
Al
risveglio non riuscivo a ben interpretare questo segnale onirico; a livello
conscio non avevo nessuna intenzione di correre, anzi…però sotto sotto qualcosa
covava, forse un pò invidiavo chi lo faceva.
Quando,
nel 2011, il mio mento da doppio è diventato triplo e allacciarmi le scarpe mi
mandava in apnea perché la panza mi comprimeva il diaframma, decisi di prendere
drastici provvedimenti.
Anche
perché la mia forma tondeggiante cominciava a essere sottolineata sempre più
spesso da amici e familiari, e questo mi feriva nell’orgoglio.
Fu
così che in una calda domenica di giugno inforcai la mia vecchia bici da corsa
marca Bianchi e andai a riassaporare il gusto perverso della fatica sulle
salite del circondario valsesiano.
Arrivai
a casa semi-distrutto ma felice: qualcosa era cambiato, avevo proprio bisogno
di sudare, di far fatica.
E
così continuai, per un paio di mesi abbondanti, a macinar chilometri e asperità,
con la mia cara bicicletta vintage anni ’90.
E
cominciai a sgonfiarmi: fisico e morale in netto miglioramento, alla fine
dell’estate riuscivo addirittura a infilarmi nei jeans di 10 anni fa!
Si
era però ormai a fine agosto, alla sera cominciava a venir buio presto, e, in
aggiunta, la bici mi richiedeva troppo tempo e mal riuscivo a conciliarla con
gli impegni familiari e di lavoro.
E
poi il casco, le strade trafficate, le discese pericolose, la manutenzione del
mezzo, insomma troppo complicato.
Ero
contento dei risultati raggiunti, della ritrovata forma, quindi mi dispiaceva
fermarmi e ritornare ciccio-paffutello.
Approfittai
così di una vacanza al mare per provare a corricchiare, come ripiego.
Ero
scettico, ma invece mi piacque subito molto: attività semplice, veloce e con
benefici psico-fisici immediati.
I
2 mesi da ciclista mi avevano restituito una buona condizione aerobica, quindi
nessun problema di fiato, solo un pò di male alle gambe che si sono dovute
abituare al nuovo utilizzo.
Mollai
quindi la bici e continuai con la corsa, scoprendo un mondo affascinante,
quello che vi sto raccontando in questo blog.
Fascino
che va ben oltre l’aspetto sportivo: amicizie e rapporti umani trovano nell’ambiente
delle camminate non competitive un fertilissimo terreno di crescita.
Credo
sia il far fatica tutti insieme, ma allo stesso tempo ognuno per conto suo, che
rende magico e unico questo sport così povero e semplice, ma nel contempo così
ricco e appagante.
Spero
a lungo, anche se farlo per benino richiede un impegno costante e non sempre
viene facile.
Ma
credo che se uno non si pone obiettivi troppo grandi si può fare.
L’importante
è conciliarlo con il resto, senza renderlo prioritario e troppo invadente, ma,
piuttosto, in armonia.
Tra le mie passioni c’è quella dello scrivere, così ho raccolto in un libro gratuito tutto quello che c’è da sapere per un buon approccio amatoriale al running.
Spero
vi piaccia e vi possa essere utile.
Davide Donà
Davide Donà
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